e prosciugò torrenti, distrusse boschi, devastò il paesaggio, regalò cloache a cielo aperto e crisi idrica....
Speciale No Tav – Quando un treno prosciuga le montagne
Il movimento No Tav è una filosofia, è una visione del mondo che va ben al di là dell’opposizione ad un cantiere ferroviario. La prima tessera che compone questo mosaico è un concetto di servizi pubblici in grado di soddisfare bisogni reali: la gente il più delle volte usa il treno per andare a lavorare e solo di rado per viaggi lunghi, e le scuole e gli ospedali ben funzionanti sono più utili e più apprezzati dei treni superveloci..
La seconda è il concetto di “territorio” – di ogni territorio – non come terra di preda e di conquista per chi ha forza e capitali sufficienti a saccheggiare, bensì come spazio segnato dalle relazioni e dalle attività umane che dipendono dalle risorse naturali.
Il caso del Mugello è diventato famoso: scavando le gallerie del Tav Firenze-Bologna la falda idrica si è abbassata di 200 metri. I cantieri sono costati 70 milioni di euro al chilometro, si sono asciugati fiumi, sorgenti e pozzi. E in cambio? Il viaggio fra le due città è diventato più breve di 22 minuti.
Una cosa del genere accadrà anche in Val di Susa? In ogni caso, lì c’è anche il problema dell’uranio e dell’amianto. Il sottosuolo ne è farcito; finchè rimangono sottoterra non danno fastidio a nessuno, ma nessuno sa dire cosa succederà quando (e se) si bucherà la montagna e quando bisognerà gestire la terra di scavo proveniente da un tunnel lungo quasi 60 chilometri.
Sono problemi magari gravi ma solo locali, sono beghe di cortile? Può anche darsi. Sta di fatto che il nostro pianeta così popolato, così sfruttato, così segnato dall’azione umana è ormai diventato un insieme di cortili comunicanti.
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Poco importa, al teatrino della politica, se dei corsi d’acqua sono stati dichiarati biologicamente morti, a causa della perdita totale del deflusso estivo, dovuta all’azione drenante delle gallerie. Al Tav i lustrini dell’inaugurazione non potevano mancare: fu così che il 5 dicembre 2009, per celebrare la fine dei lavori e il passaggio del primo treno Frecciarossa, il sindaco di Bologna Flavio Delbono, non ancora disarcionato dal Cinzia-gate e il collega fiorentino Matteo Renzi si abbracciarono sul primo binario della stazione di Bologna. Intesero simboleggiare l’unione delle loro città divise dall’Appennino e inaugurarono così la linea ad alta velocità da Salerno a Milano.
La maxi-opera, se si aggiunge anche la tratta Torino-Milano, è costata la cifra faraonica di 32 miliardi di euro. Circa 5,5 miliardi si sono spesi per i soli 78,5 km della Firenze-Bologna, vale a dire 70 milioni di euro al chilometro. Cifra ragguardevole per guadagnare solo 22 minuti, rispetto alla precedente linea.
Tra i torrenti prosciugati del Mugello vi è l’Erci (o Cannaticce), che scorreva nell’omonima località del Comune di Borgo San Lorenzo. In questa stagione, prima dei lavori del Tav, era un rio di montagna rigoglioso, habitat di trote e gamberi di fiume. Oggi è una pietraia desolante. Dai tavolini da picnic, costruiti per i visitatori che non ci sono più, si osserva l’alveo completamente secco. È solo un tratto dei 57 km d’acqua persi a causa dei lavori di scavo.
L’intera comunità mugellana ha sopportato i disagi della costruzione del Tav per 13 lunghi anni, dall’apertura del primo cantiere nel 1996. Tutto ciò senza nessun vantaggio, visto che da queste montagne, per prendere il treno AV, è necessario raggiungere Bologna o Firenze. Nessuna fermata “Mugello” è stata costruita, come si sostenne in un primo tempo e ai Comuni sono rimasti solo i danari delle onerose contropartite, stanziati a titolo di indennizzo.